di Angelo Guglielmi
Prossimo alla sua nona decade anagrafica, l’autore d’un così lungo impegno infruttuoso, è ormai avvezzo a simili ostracismi, non accolto più da tempo da scuderie attrezzate a una scrittura fattasi anacronistica, venendo ormai macellati i purosangue, per delle stazioni di posta sempre più ravvicinate per il cambio di cavalli da sfiancare cinicamente, quale che sia il loro propellente: come se anche nelle lettere, come nei campi da pallone, contasse la merce “fresca” da convogliare a una folla perché vi si ottenebri per bande, anziché potenziarvisi secondo il pensiero di Leopardi.
In “A pensarci bene”, titolo emblematico a più livelli, spiccano commemorazioni di compagni di strada d’altri tempi, insulti della politica, quanto della salute, con le arroganze perniciose d’ogni vertice, mansione e incarico pubblico d’irrimedibile infezione per ogni comparto privato, improntandolo alla truffa e al raggiro divenuti meriti normativi. Nel campo delle lettere l’affronto fattosi irrecuperabile con la scomparsa del già ricordato “Belfagor”, “Questo e altro”, “Il Verri”, “Strumenti critici” e “Il Menabò”; ad orientare diversamente i lettori, usciti inoltre di scena col mefistofelico Russo, Gallo, Pavese, Vittorini, Calvino e Segre, tra i più significativi.
Frastornati dai consigli per gli acquisti a pronta beva provenienti dagli uffici stampa d’un’alimentazione sempre più vigorosa nel millantare, contano ormai le mode imposte e i narcisismi forsennati nell’idolatrare anche i paramenti sacri, si fosse pure dei laici convinti. E Carlo Villa d’un così soffocante stato di cose passa in rassegna le piaghe tramite una scrittura responsabile e risentita, nel tentativo d’ottenervi un’essudativa resipiscenza riabilitativa, resasi pressoché impossibile ad apertura di giornale e di video.
Ma sono presenti nel libro anche esilaranti teatrini, godibili parodie e rappresentazioni dai risvolti gogoliani, con fastose pagine caracollanti dedicate all’eros e alla donna, percorsa in pennellate ariostesche. Non meno stimolanti le innovative proposte elettorali e gli implacabili affondi sui disservizi pubblici e le tassazioni inique. Campendovi una proposta al Fellini delle origini per un Mastroianni richiedente in cui lo Snaporaz “femminicida”, dall’alto delle sue 60 sigarette giornaliere impersona un Tarzan delle scimmie che si fa manicaretto appetitoso per la turba delle sue rivoltose suddite, raccogliendone ancora una volta l’onore delle armi. Solo tutto questo venisse proposto al lettore, aiutandolo a leggere tra le righe dei giornali per sfatarne le menzogne.